Uno studio a dieci anni dai primi interventi conferma la validità della tecnica in alternativa all’utilizzo della vena grande safena

Il bypass aorto-coronarico è l’intervento che permette di «by-passare» cioè aggirare, un ostacolo presente in una delle piccole arterie che porta il sangue al muscolo cardiaco. L’operazione consiste nel creare una sorta di «ponte» che «scavalchi» l’ostruzione utilizzando un segmento di vaso prelevato da un’altra zona del corpo. Tradizionalmente viene usata la vena grande safena, presa dall’arto inferiore. Ora uno studio pubblicato su una rivista del gruppo Jama (Journal of American Medical Association) indica che l’utilizzo dell’arteria radiale, che scorre nel braccio, può presentare dei vantaggi. Lo studio riporta l’esperienza di specialisti in diversi centri internazionali, fra cui gli italiani Giuseppe Nasso, responsabile dell’unità operativa di Cardiochirurgia presso l’Anthea Hospital di Bari e Giuseppe Speziale responsabile delle cardiochirurgie di GVM Care & Research, accreditate con il Servizio Sanitario Nazionale. I primi risultati dopo un monitoraggio di 5 anni erano già stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, quelli appena comunicati su Jama riferiscono i risultati a 10 anni dall’intervento. «Abbiamo concluso che questo approccio permette al paziente non solo di vivere meglio nel corso degli anni successivi, ma soprattutto di vivere più a lungo, questo perché si riduce l’incidenza di nuovi infarti e di essere sottoposto a nuove procedure di rivascolarizzazione miocardica» commenta Nasso. «L’arteria radiale, infatti, al contrario della vena safena, anche dopo tanto tempo rimane funzionante».
«Un paziente sottoposto ad intervento di bypass aortocoronarico è un paziente che di fatto ha risolto la problematica in essere, ma è doveroso seguirlo anche nel post-operatorio, spiegandogli che deve eliminare tutti i fattori di rischio che lo hanno portato alla malattia, che possono essere il fumo, la pressione arteriosa alta, una dieta con un elevato contenuto di grassi insaturi, o anche elevati valori di colesterolo e trigliceridi» sottolinea comunque Nasso. «Se non si eliminano questi fattori di rischio, qualsiasi bypass nel tempo non sarà sufficiente a risolvere la patologia coronarica ma ancora peggio si avrà una progressione della malattia sulle altre coronarie».

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